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1979
1979
ti abbiamo espropriato lo spazio sottraendoti la strada che ci è vitale nella nostra fretta ti abbiamo espropriato il tempo relegandoti in un banco perché devi diventare grande e non c’è tempo da perdere ti abbiamo espropriato l’intelligenza chiudendoti nella scuola perché così imparerai prima che due più due fa quattro ti abbiamo espropriato la salute dandoti la medicina che è buona e ti fa guarire presto ti abbiamo espropriato il lavoro distogliendoti dai tuoi giochi perché è meglio scegliere subito la strada sicura e il tempo è denaro ti abbiamo espropriato il desiderio perché è così e basta ora ti stiamo espropriando anche la fantasia affinché tu libero non possa rinfacciarci domani quanto noi oggi facciamo per il tuo bene 1979 anno internazionale del fanciullo
- COMPAGNI, (ormai lo siamo tutti) è certo: senza nemmeno attendere che prendano le cose l’andamento di un gorgonzola ben fatto (1) metteremo i piedi nel loro piatto nel piatto di un sistema che è quello che è e non quello che dovrebbe essere, per questo ora “non-bucatevi! non-sparate!” (2). Non abbiamo bisogno di gente che ama ciò che è abbiamo bisogno di gente che ama ciò che sarà, nell’attesa non ci sentiranno bussare alla porta (1) E verrà il giorno in cui il nostro dito indice di accusa ai vinciori d’oggi sovvertirà l’ordine stabilito (il loro ordine stabilito) senza accarezzare il grilletto di una rivoluzione che non apparterrà ai libri di storia. Ma se ciò nonostante avete deciso di andarvene all’altro mondo fatelo con dignità Sergej (3) se ne andò con la cintura della sua valigia e Volodia (4) mise il punto alla i della sua fine. Allora anche di voi i sopravvissuti borbotteranno “Le cause sono queste e quelle e in specie lo scarso affratellamento” (5) Si dirà che anche questa è stata una generazione che ha dissipato i suoi poeti, (6) e qualche nuovo Jakobson scriverà un saggio nuovo. Non siate il figliol prodigo! Non tornate dal Vecchi Padre Commerciante d’Auto che per paura, forse, che possiate impiccarvi ha alzato il prezzo della corda. Non tornate per una razione di ghiande! Compagni, morire di stato non è dignitoso così come non lo è vivere (di questo stato). Cambiarlo! Occorre cambialo! Serrate le file a sinistra! Non vi salverà sostituire la classe con la bohème (5). Se poi comunque ve ne sarete andati alla ricerca della fantasia perduta io vi piangerò ma non scivolerò sulla vostra buccia. Compagni “non-bucatevi! non-sparate!” questa terra ha bisogno e il cielo può attendere. (1) Questo testo fa riferimento all’intervento “Ti faccio un invito: non bucare,spara” di un lettore de “La Repubblica” pubblicato sul quotidiano il 16-17 ottobre 1979. (2) Il rifermento è alla poesia E’ certo di Leon-G. Damas in Nuova poesia negra, Guanda, Parma. (3) Sergej Esenin, poeta russo impiccatosi nel 1925. (4) Vladimir Majakowskij, poeta russo suicida nel 1930. (5) Il riferimento è alla poesia A Sergej Esenin di V. Majakowskij. (6) Cfr. R. Jakobson, Una generazione che ha dissipato i suoi poeti. Einaudi, Torino. [da “il foglio” n 75 - anno IX - n 7 - ottobre 1979]
I
Bene! Mia madre avrebbe voluto fare di me un figlio molto do molto re molto mi molto fa molto sol molto la molto si (1) Sì! Un giorno ho detto a Maria (che poi non si chiamava così): “Perché non cambi questo tuo nome strausato?” “Sai che sei un bel tipo!” mi ha risposto. E se n’è andata. Ho saputo da amici che ora si fa chiamare Gi (da Gioele, che era un uomo e per di più profeta). Ne va orgogliosa come fosse stata un’idea sua. e non solo per mio padre ma per la società. io che avrei venduto per molto meno di un piatto di lenticchie la mia primogenitura. Avrei dovuto dimostrare tutto e sempre sorretto dall’arroganza di chi può. Io avrei dovuto gridare vengo a portarvi la buona novella. Io avrei dovuto. Ho deciso di non conoscere Cimoski (2) anche se ha uno splendido cognome. Verrò, invece, martedì e ti porterò un sole che è viola eppure allegro (avevo una fortuna viola,io) Ma (,ti ho rimossa,) ria, come si sta rincantucciati nel mio inconscio? Ora, siamo buoni amici io e il mio cuore. Ci tolleriamo a vicenda. Ma ognuno per la propria strada. Non mi salverà Pierre Henry (3) con il cigolio della sua porta (Philips n. 74212) né l’indifferenza di Proust (4) (Einaudi editore L. 3.000) né Cesare Luigi Musatti (5) (Boringhieri pp. 1200) Vedi, il problema non sta nel sognare quando si dorme. Il problema sta nel sognare quando non si dorme. Ho incontrato il tuo sorriso su labbra non tue. Ma non ne sono certo. Forse sognavo. E anche Tu, mio Dio, che mi sono stancato di amare. Non gioco più! Non vale! Sempre, quando le cose vanno bene il merito è Tuo quando vanno male il torto è mio. Non fermate il mondo! (6) Se volessi scendere mi arrangerei. II
- Ricordi? Mi sei corsa incontro in uno splendido martedì diciannove con un sorriso che stava tra il beige e il marrone per dirmi: Buongiorno! Come ti chiami tu che vieni a violentare la mia primavera? - Risposi: - Io mi chiamo io. - Maria se tu fossi Laura per te potrei scrivere i versi più tristi questa sera (7) potrei scrivere “maledetto sia il giorno, il mese, l’anno e il luogo ove ti incontrai, oh Laura!” (8) Ma comunque io non sarei Francesco. E ancora una volta correndo dietro alla tua gonna acerba mi rendo ridicolo come un miope Diogene che pensa alla moralità di sua figlia, lui, povero vecchio, che si è giocato la vita alla ricerca della formula per far carriera. Il tempo di rubare l’indecente bianco, da stanza di albergo, del tuo seno vagabondo e dovendo essere ciò che non sono ho finito il mio filo (e non c’è merceria che mi faccia più credito) imbastita dovrò lasciarti. Togliete quelle scarpe da tennis di mezzo la porta! Non sentite che aria tira? in questo solito rosso agosto e con questo solito sole di isole che mi portano lontano in un tempo che non passa mai e dove ti accorgi che le ore hanno molta più di noi paura che il giorno si fermi. Lascia perdere, non guardarmi dal calmo taglio obliquo degli occhi con la speranza che domani non sia mercoledì venti. (quante volte avrai telefonato ripetendo 8.608.197 volte “ti amo”, e forse nessuno avrà risposto. Non rimproverami mi stai chiedendo tutto e io ti do di più, io stupido mago e mediocre mercante che volendoti a mia immagine e somiglianza ti perderò. Maria, Maria dalle a aperte, ecco ci fu un tempo in cui credevo che le pietre vivessero, vivessero come noi voglio dire. (Ora io racconto: Un giorno io colsi per strada un sasso. Lo portai a casa, fuori c’era troppo freddo o forse caldo. Lo misi in una scatola di cartone, così con dei fiori avrebbe potuto respirare. Gli diedi da bere e mangiare ogni giorno. Diventò grande. Ti ho detto questo ma non dirlo a nessuno non ti crederebbero). Mi dici: Tu vivrai, ma io cosa farò? Di te non mi rimarranno che quattro libri e una voglia. Non so cosa risponderti forse è così e basta Avrai una ragione di cui non saprai che fartene. Io sono cattivo come solo le persone buone sanno esserlo. - Ricordi? Su di te posai le mie mani no gli occhi (sono bugiardo e anche illuso) il tuo stupore rimase con tanto di naso e/o a bocca aperta Mi telefonasti per dirmi: “Piantala vecchio stupido, (no, non vecchio) di passare le domeniche a letto e senza dormire.” Comunque non preoccuparti anche per te verrà il principe azzurro (io con lui ho un conto in sospeso, lo sfiderò sull’orlo di un bicchiere il 21 di agosto dello scorso anno). Io buffone sono terribilmente serio quando scherzo. Lungo la mia strada sono diventato goloso (ho perso una e (per strada) ed ho acquistato una o) di voi tutte. Dovrai abituarti all’idea di spartirmi con altre ma non ti mancherò. Il tempo io lo rubo alla mia notte quando spenta la luce mi racconto a mio padre Sigmund Freud. Cosa fa ancora qui quel bacio che ieri ho lasciato sullo spigolo del tavolo! E’ possibile che nessuno lo abbia raccattato e soprattutto che tu non lo abbia visto? Ti perderò. A niente sarà valsa la mia rispettosa domanda senza marca da bollo. Me ne andrò, me ne andrò senza fare storie. Io non ho mai voluto essere il primo. Né l’unico. Io l’irripetibile (forse buffone) (è il titolo). III
Conosco l’avventura per sentito dire anche se mi innamoro mille volte al giorno e il mio pensarti è il mio rimorso. Oggi ho rifatto il letto nel quale non hai dormito. Oggi finirò la storia di un bottone così come ho smesso quella dei re e delle principesse. Cosa vuoi ci si abitua a tutto. Anche a vivere. Anche oggi ho freddo alle mani mi ci vorrebbe il tuo rovescio e diritto, ma potrei impigliarmici Ho ragione io: Maria, facciamo entrambi i mestieri più antichi del mondo. Ho ragione io! Lo spazio, quindi, che mi hai riservato nella tua borsa lascialo al Manzoni della Repubblica Italiana (nel 1977). Ma perché, Tu dei giusti, in nome dell’amore, Tu puoi dividerti ogni domenica sulle labbra di tutti coloro che ti amano? Chiudiamo l’argomento. Ormai la ragione sarà sempre e comunque dalla tua parte. Non bisognava accettare le regole del gioco e da principio! Ma tant’è. E quando le mie labbra sfiorarono le sue la Tua giustizia mi si è presentata puntuale. Sfiderò ancora una la goffa nuvola bianca della barba del vecchio Mosè che mi ha portato le Tue 10 Leggi per la mia liberazione falsa come la voce di una commessa torinese. Si fanno le 4 E con le4 ecco anche le 8 volte con le quali ti saluto. Poi 4, 8, 12 se ne vanno e con loro noi. Questo lo si avverte; e si avverte anche che noi lo avvertiamo. Ricostruirò un nuovo me stesso sulle rovine di questa mia Babele. Non verranno i tre familiari Re Magi a porgermi le loro scuse, non verranno, ma non verrà neanche più Erode. Tirerò fori dal taschino di Baudelaire la mia impossibile voce metallica. Le mie parole cavalcheranno ancora gli orecchi della gente e le prime file penderanno dalle mie labbra. Mi regalerò sino agli ultimi spiccioli certo che una qualunque Anna nella mano destra infilerà il guanto della sinistra.(10) Ho scritto sui muri “Ti amo Maria” Maria sui muri ho letto “anch’io”. Maria, anche per oggi nessuna novità. Domani, forse, riceverò una lettera che mi sono scritto. Mamma ti prego anche tu lascia perdere non chiedermi più niente. Si divideranno le mie parole tirandole a sorte così non sarà improbabile che gettata dalla finestra rientri dalla porta una (qualche) parola di un figlio (qualsiasi) che avresti voluto tu molto do molto re molto mi molto fa molto sol molto la molto si (1) [Revigliasco 10-79]
nadežda * ascoltatemi io che mi insinuo nel vostro orecchio sinistro sono il diavolo qui apposta per farvi una predica sebbene io non conosca la sottile seduzione della parola qui per corrompervi così dicono gli uomini mentre io mi sento in dovere di compiere questo atto di amore nei vostri riguardi datemi ascolto il vostro non volervi concedere è presunzione voi avete pensato in cuore vostro di somigliare a dio e questo ve lo ripeto è presunzione io vi offro l’occasione di ritrovarvi donna tra le donne con i vostri peccati e i vostri pentimenti a che serve vivere senza macchia non sareste nemmeno ben accetta dallo stesso creatore sarò io che vi renderò a lui gradita perché è attraverso me che voi potrete chiedere perdono l’arroganza di essere perfetto è intollerabile per chiunque ascoltatemi bene io verrò in una notte e quando tutti peccheranno nei loro sogni mi coricherò accanto a voi iniziandovi a quei giochi che non conoscete e che spesso gli uomini sprecano poi mi alzerò senza far rumore e nel vostro letto lascerò il mio posto al dubbio al rimorso e infine al pentimento cambierete sì cambierete e anche se nessuno saprà dell’accaduto voi sarete finalmente libera d’essere donna nadežda gli uomini vi dicono che siete bella io ve lo ripeterò ad ogni minuto quando aprirò questo vostro corpo che sa ancora di vent’anni nadežda questa notte sarò lì da voi fatemi entrare rinunciate al vostro orgoglio e io rubando la vostra presunzione vi renderò figlia di dio.
* Nadežda, nome proprio di persona, diminutivo di Nadjia, che in russo significa “speranza".
[da “il foglio” n 74 - anno IX - n 6 - settembre 1979]
un signore che stava osservando - un signore-che-stava-osservando un furto-di-cappelli si disse sinché non si tocca la-roba-mia si faccia pure e scrollando le spalle si girò dall’altra un giorno poi gli rubarono il suo ma non se ne accorse non aveva mai avuto una testa – [da "il foglio" n 71 - anno IX - n 3 – Torino - aprile 1979] |
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